Anche questa volta, in occasione dell'ennesimo figlicidio agito a scopo di femminicidio, abbiamo assistito all'ulteriore violenza misogina attuata da diverse testate giornalistiche mediante una retorica stantìa e/o manipolativa diretta a spostare la responsabilità della tragedia dall'uomo-autore del massacro alla donna.
Continuiamo a ribadire che una comunicazione così sciatta e superficiale sul tema della violenza maschile sulle donne non solo non è più tollerabile, ma non è nemmeno più concepibile, considerato che sono trascorsi già otto anni dalla ratifica della Convenzione di Istanbul da parte dello Stato italiano e tre anni dalla sottoscrizione, da parte di numerosi sindacati, associazioni e giornalisti singoli, del Manifesto di Venezia per il rispetto della parità di genere nell'informazione.
Parlare ancora oggi di "dramma della separazione" di fronte ad un femminicidio o di un figlicidio commesso da un uomo per vendetta nei confronti della donna che vuole separarsi da lui, significa agire ulteriore violenza nei confronti della donna stessa, legittimando le motivazioni del carnefice.
Di fronte a questa ignobile e reiterata violenza l'indignazione non basta più.
Chiediamo espressamente che vengano prese sanzioni nei confronti di quei giornalisti che, anche in tema di figlicidi, abbiano usato una narrazione assolutoria nei confronti dell'assassino e colpevolizzante nei confronti della donna.
Associandoci al dolore indescrivibile di questa madre rimasta priva dei suoi figli, ricordiamo oggi i tanti altri casi di figlicidi rimasti senza giustizia, a cominciare dalla madre del piccolo Federico Barakat, Antonella Penati e chiediamo al Governo ed al Parlamento l'istituzione della giornata nazionale contro i figlicidi come momento di riconoscimento delle vittime e di analisi delle ragioni ignobili dei colpevoli.